mercoledì 11 gennaio 2023

Corso filosofi: Lezione 13 Husserl Whitehead Croce Russell Cassirer Scheler Gentile

Edmund Husserl 1859


https://youtu.be/sE-poeWVzVw

Husserl , Edmund. - Filosofo tedesco (Prossnitz, od. Prostějov, Moravia, 1859 - Friburgo in Brisgovia 1938). Fondatore della moderna fenomenologia, ha fornito sostanziali contributi allo sviluppo di un concetto di filosofia come scienza a priori, teorizzando la messa tra parentesi (epochè) dei presupposti del senso comune (l'esistenza di una realtà esterna al soggetto, le caratteristiche psicologiche del soggetto stesso), al fine di raggiungere una condizione di contemplazione disinteressata che permette di cogliere l'essenza stessa dei fenomeni. Il suo pensiero ha avuto larga influenza su molti filosofi contemporanei: sull'esistenzialismo di M. Heidegger (soprattutto su Essere e tempo), sul pensiero di J.-P. Sartre e, in modo particolare, sulle ricerche di M. Merleau-Ponty (per non parlare della sua diffusione in ambito tedesco: v. per es. l'etica di M. Scheler). In campo psicologico F. Buytendjik e, per quanto riguarda la psicanalisi (analisi esistenziale), L. Binswanger, hanno avvertito le possibilità di applicazione dei metodi husserliani. Tra le sue opere principali: Philosophie als strenge Wissenschaft (1910); Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie (1913); Die Krisis der europäischen Wissenschaften, 1936). Laureatosi in matematica con una tesi sul calcolo delle variazioni, fu successivamente per breve tempo assistente di K. Weierstrass. Allievo di F. Brentano a Vienna (1884-86), ne subì profondamente l'influenza, e si dedicò poi in modo esclusivo alla filosofia. Fu professore a Gottinga (dal 1906) e a Friburgo (dal 1916) e diresse il Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung (11 voll., 1913-30). La sua prima opera (in cui sono rifuse le tesi di Über den Begriff der Zahl, 1887), la Philosophie der Arithmetik (1891), è una analisi dei concetti della matematica, ricondotti agli atti psicologici (la molteplicità, per es., è connessa all'atto del collegare) che ne costituirebbero il fondamento. Nel primo volume delle Logische Untersuchungen (Prolegomena zur reinen Logik, 1900), l'opera che inaugura la riflessione fenomenologica di H., la psicologia viene considerata ormai scienza empirica e ogni psicologismo rifiutato come inadeguato. Prende corpo l'idea di una filosofia come scienza rigorosa, come scienza a priori, autonoma. Con la già citata Philosophie als strenge Wissenschaft H. condanna qualsiasi spiegazione naturalistica e storicistica (come, per es., quella di W. Dilthey). Nasce la fenomenologia come "psicologia descrittiva", filosofia senza presupposti; le indagini dell'ultima parte delle Logische Untersuchungen, sul giudizio e il significato, propongono la teoria dell'intenzionalità come strumento privilegiato di analisi. Ogni coscienza è "coscienza di" (sia il suo oggetto un oggetto reale o no); essa implica necessariamente un correlato. L'esperienza, per poter essere determinata significativamente e diventare oggetto di discorso, per poter giungere a essere formulata in proposizioni necessarie e universali, deve pur sempre rinviare a una struttura, a un eidos, oggetto di una particolare intuizione, l'intuizione eidetica, anche se l'essenza stessa non può cogliersi che in un'intuizione dell'individuale. S'innesta a questo punto l'esigenza di prescindere, in un'analisi rigorosa, dai presupposti "obiettivanti" del senso comune e della teorizzazione scientifica, di prescindere cioè dall'"atteggiamento naturale", che inquadra e categorizza la realtà secondo presupposti impliciti, ma non per questo meno condizionanti (si presuppone, tra l'altro, l'esistenza di una "natura"). Si tratta di mettere il mondo tra parentesi (di ricorrere cioè all'epochè), di attuare la "riduzione fenomenologica", onde permettere il raggiungimento di un piano descrittivo puro e approdare a un'evidenza apodittica, tale cioè da non poter essere rifiutata. Il già citato studio Ideen zu einer reinen Phänomenologie und phänomenologischen Philosophie (3 voll.) rappresenta un approfondimento del pensiero di H. in questa direzione (s'introduce la distinzione tra noesi, atto della coscienza, e noema, contenuto, oggetto presente alla coscienza, da studiarsi nella peculiarità del suo esser-dato). Le analisi fenomenologiche precedenti avevano permesso a H. di fondare la logica e la matematica come scienze a priori e di aspirare nel contempo a un'ontologia comprensiva su base eidetica. H. si volge ora a elaborare ulteriormente la nozione di riduzione fenomenologica in direzione trascendentale; l'unico residuo che sfugge a qualsiasi riduzione è l'io trascendentale in quanto coscienza pura, pura soggettività, soggettività costituente; il fondamento della logica è anche quello dell'ontologia, ma entrambi rinviano a una soggettività trascendentale. È questa la fase più discussa (e meno accettata anche tra i fenomenologi) del pensiero di H. (Méditations cartésiennes, 1931). Gli ultimi scritti sviluppano l'idea di un io trascendentale correlato al mondo e propongono la tematica dell'intersoggettività, degli altri io, mettendo particolarmente l'accento sulla descrizione delle modalità della nostra esperienza comune, sui requisiti di coerenza e adeguatezza dei diversi tipi di esperienza, indagati "riflessivamente". Nell'ultima opera pubblicata, Die Krisis der europäischen Wissenschaften, H. vuole denunciare la crisi della scienza occidentale, originata dall'incapacità di analizzare i presupposti di quell'atteggiamento naturalistico che ormai la condiziona in modo definitivo; recuperare la dimensione di un'esperienza originaria (antepredicativa), recuperare il mondo della vita (Lebenswelt), attraverso una sempre più approfondita analisi fenomenologica, è ora il compito della filosofia. Tra le opere di H. pubblicate durante la sua vita sono da menzionare, oltre alle già citate, le Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewusstseins, 1917, edite da M. Heidegger, e Formale und transzendentale Logik, 1929; tra le inedite Erfahrung und Urteil (post., 1939, a cura di L. Landgrebe). I manoscritti di H. (circa 40.000 pagine), trasportati dopo la sua morte a Lovanio, hanno permesso una riedizione critica delle sue opere nonché la pubblicazione d'importanti inediti, a cura degli Archives-H., diretti da H. van Breda. I volumi finora usciti comprendono tra l'altro gli inediti Die Idee der Phänomenologie (1907), Erste Philosophie (1923-24) e Phänomenologische Psychologie (1935).

Alfred North Whitehead 1861

https://youtu.be/6t6fPFOw4IA?si=KVP4Cwr28biQZet4

Alfred North Whitehead logico, matematico e filosofo britannico (Ramsgate 1861 - Cambridge, Mass., 1947). La sua attività speculativa fu caratterizzata in un primo tempo da indagini sui fondamenti e i problemi della logica matematica (Principia mathematica, 1910-13) e della teoria della relatività. W. cercò poi di fondare l'indagine scientifica sulla base di una concezione realistica (Process and reality,1929).
VITA

Dal 1885 insegnò all'univ. di Cambridge, dal 1911 prof. di matematica all'univ. di Londra, dal 1924 al 1936 prof. di filosofia alla Harvard University negli USA. OPERE E PENSIERO Dalla sua iniziale attività speculativa, volta a indagare i fondamenti e i problemi della logica matematica e della teoria della relatività, scaturirono: i volumi A treatise on universal algebra (1898), An introduction to mathematics (1911; trad. it. 1953), i saggi dedicati all'approfondimento delle teorie einsteiniane (Space, time and relativity, 1915-16; La théorie relationniste de l'espace, 1916), la composizione, in collab. con B. Russell, dei celebri Principia mathematica, uno dei testi fondamentali della logica matematica contemporanea. Dopo il primo periodo più decisamente impegnato su problemi logico-matematici, W. svolse la sua riflessione filosofica nell'intento di dare una fondazione alla stessa indagine scientifica e logistica: di qui l'elaborazione di una cosmologia filosofica ove fosse possibile superare la contrapposizione soggetto-oggetto e l'analisi matematico-meccanica della natura. W. indica come "luogo" cruciale della sua visione del mondo l'"evento" in cui la realtà si esprime nella sua interezza, in quanto l'evento "intenzionalmente" comprende la totalità, quasi in un atto di sentire profondo (feeling). Da questa impostazione W. svolge una teoria del "valore" che è colto in un'esperienza insieme estetica e religiosa. Nelle sue ultime opere (in partic., Process and reality, 1929) il problema di Dio è quello stesso della radicale unità della natura e anche della tensione dinamica tra l'uno e i molti, tra "flusso" e "permanenza", fra tempo ed eternità. Rifluiscono così nell'esperienza speculativa di W., dopo la prima fase logicistica, le cui suggestioni restano poi sempre presenti in lui, prospettive ontologiche che affondano le loro radici nell'esperienza romantica. La produzione più apertamente "filosofica" di W. può farsi iniziare con An enquiry concerning the principles of natural knowledge (1919) e The concept of nature (1920; trad. it. 1948), in cui si delineano alcuni fondamentali concetti gnoseologici e cosmologici che troveranno più organico svolgimento nelle opere successive, coincidenti con il suo insegnamento alla Harvard University: oltre a Process and reality, Science and the modern world (1926; trad. it. 1945); Religion in the making (1926); Symbolism (1928); The aims of education (1928); The function of reason (1929); Adventures of ideas (1933); Nature and life (1934; trad. it. 1951); Essays in science and philosophy (post., 1948); Modes of thought (post., 1956); Dialogues of A. N. W. (post., 1956).

Benedetto Croce 1866


https://youtu.be/zsgrSawxVVM?si=5tGsln0rfIH4vnHY


Filosofo e storico (Pescasseroli, 25 febbraio 1866 - Napoli, 20 novembre 1952). Studiò a Napoli, che divenne presto la sua dimora abituale. Scampato dal terremoto di Casamicciola (1883) in cui perdette i genitori, fu accolto a Roma in casa dello zio Silvio Spaventa, e vi rimase sino al 1886; ivi intraprese gli studî di giurisprudenza che non continuò, preferendo dedicarsi ai corsi universitarî di etica di Antonio Labriola. Tornato a Napoli, si diede a indagini erudite, ma presto l'erudizione - che pure coltivò poi sempre con geniale dottrina - gli si palesò insoddisfacente, e sentì il bisogno, tipico/">tipico in lui, di trasferire i suoi interessi mentali su un piano di riflessione critica. Primo segno d'una revisione radicale in senso filosofico del suo atteggiamento è la memoria su La storia ridotta sotto il concetto generale dell'arte (1893). Ha inizio così una fervida opera da cui la cultura italiana uscì rinnovata, opera in cui il C. ebbe lungamente compagno Giovanni Gentile, finché ragioni speculative prima e poi politiche non ruppero l'accordo dei due filosofi, e che ha come documento, oltre che le opere dell'uno e dell'altro, le annate de La Critica, fondata nel 1903, la quale rappresentò l'insigne organo del rinnovamento. Senatore dal 1910, ministro dell'Istruzione con Giolitti (da lui sempre ammirato) nel 1920-21, assunse nel 1925, dopo che il fascismo si fu dichiarato nella sua essenza totalitaria, deciso atteggiamento di opposizione, redigendo il Manifesto degli intellettuali antifascisti, i quali guardarono poi sempre a lui come a un esempio. Caduto il fascismo, tornò per breve tempo alla vita politica attiva, come ministro senza portafoglio nel gabinetto Badoglio (aprile-giugno 1944) al quale parteciparono i sei partiti antifascisti del CLN, e nel primo gabinetto Bonomi (costituito il 18 giugno, ma il C. si dimise il 27 luglio); tenne sino al 1947 la presidenza effettiva del Partito liberale e sino al 1948 quella onoraria, fu consultore, deputato alla Costituente e dal 1948 senatore di diritto. Nel 1947 fu nominato socio onorario dell'Accademia dei Lincei, della quale era stato in passato (1923-35, 1945) socio nazionale; nello stesso anno fondò a Napoli l'Istituto italiano per gli studi storici, a disposizione del quale aveva posto la sua biblioteca, forse la più importante biblioteca privata d'Italia. Cardine fondamentale del sistema crociano è il nesso o dialettica dei "distinti", come integrazione della hegeliana dialettica degli "opposti". Con esso il C. intese rivendicare la distinzione e autonomia delle forme dello spirito. Carattere peculiare dell'attività del C. è il costante parallelismo tra la sua opera di filosofo e quella di indagatore di specifici problemi storici, letterarî, politici, ecc.: la sua filosofia, da lui appunto concepita come "metodologia della storia", s'invera assiduamente nel concreto. ▭ Il giovane C. parte nella sua battaglia contro il positivismo dalle posizioni spiritualistiche del De Sanctis e dallo storicismo del Vico, e "storicismo assoluto" è appunto la definizione ultima, da lui stesso offerta, del suo pensiero. Insufficiente, sin dall'inizio, gli apparve il positivismo a chiarire le ragioni della poesia e della storia, ambedue per il C. conoscenza dell'individuale e pertanto non riducibili a classi di fenomeni naturalisticamente intese, e non spiegabili meccanicisticamente. La storiografia si distingue, senza negarla, dalla scienza, essa - affermò il C. all'inizio - può esser ridotta al concetto generale dell'arte, ma l'ulteriore sviluppo della sua indagine è volto a distinguere tra arte e storia: la prima è una forma di conoscenza che si distingue dalla storica e dalla scientifica, in quanto è "intuizione", indipendente dalla conoscenza razionale, dall'utilità e dalla morale, e s'identifica con la sua espressione. Ma certamente l'estetica crociana presenta anche, in nuce, una teoria dello spirito, in cui, accanto all'attività teoretica, è formulata una teoria dell'attività pratica. Il Croce aveva maturato questa parte del suo pensiero attraverso le suggestioni che prima dell'elaborazione dei suoi pensieri sull'arte gli erano venute dallo studio della filosofia del Marx e dall'amicizia con il Labriola. Già da questo il materialismo di Marx veniva opposto, come metodo e teoria storiografica, al filologismo indifferente e sterile. Il C. chiarisce l'essenza di questa nuova problematica del materialismo marxista nella necessità di determinare il posto che nella vita dello spirito spetta all'attività economica. E mentre il marxismo aveva concepito la realtà economica come condizione o struttura, C. fa dell'economicità una delle forme della spiritualità, ponendo, accanto alle categorie tradizionali del Bello (estetica), del Buono (morale), del Vero (logica), la quarta categoria dell'Utile (economica). Ma con questa accettazione del momento economico, che è anche limitazione di esso, C. si sottrae alla suggestione del marxismo, che gli appare ormai errore filosofico; esso però permette al C. di riprendere e sistemare la teoria romantica della politica come pura economicità non tiranneggiata da esigenze etiche, e di ricongiungersi, ancora più indietro, al Machiaveili. ▭ Per dare una compiuta teoria del giudizio estetico e di quello logico, il C. doveva peraltro indagare la sfera specifica nella quale lo spirito, fattosi autocosciente, elabora i predicati del giudizio. Questo compito è affrontato nella Logica, e il problema è avviato a soluzione con la distinzione, che il C. introduce in questa opera, tra concetti puri e pseudoconcetti, cioè tra ragione e intelletto. L'intelletto astratto viene rigettato fuori dei confini dell'attività conoscitiva, in quelli dell'attività pratica, conformemente alle indicazioni e alle conclusioni cui per altre vie e con altri intenti era giunta la gnoseologia e metodologia delle scienze, partendo dal seno stesso del positivismo. Liberatosi dagli impacci degli pseudoconcetti, il C. elabora la teoria del concetto puro, che vive nel giudizio. E infine, con l'identificazione di giudizio esistenziale, o individuale, e giudizio definitorio, compie il passo decisivo, rivelando l'insopprimibile storicità di ogni giudizio, che è il coronamento dell'edificio filosofico di C. e il delicato punto in cui storia e filosofia operano una reciproca integrazione. Tuttavia, una simile ampia sistemazione non sarebbe del tutto intelligibile se non se ne chiarisse ancora un presupposto, che è quello dell'incontro diretto del pensiero del C. con quello di Hegel (Ciò che è vivo e ciò che è morto della filosofia di Hegel, 1906), del quale, attraverso lo studio del marxismo e "mercé l'amicizia e la collaborazione col Gentile", aveva già avuto a risentire. Al C. si era venuta rivelando una visione della realtà la quale, per la concezione dei distinti, si ordina e circolarmente trapassa in forme diverse e ritornanti, in una guisa che può apparire del tutto pacifica. Il C. accordò tale concezione con la dialettica propria dell'hegelismo, la quale sottolinea il momento della lotta e del contrasto tra gli elementi che danno struttura alla realtà, mostrando invece che il momento negativo in una forma distinta non è altro che la positività di un altro distinto che al primo si surroga, per cui alla realtà non viene a mancare l'anelito dialettico e la spinta al divenire, ma non manca nemmeno la capacità di presentarsi positiva ed equilibrata in ogni suo momento. In tal modo una teoria della storiografia era orma i compiuta. Essa imponeva al filosofo-storico di adeguare il suo pensiero e di cogliere i suoi problemi in una realtà che continuamente si rinnova.
Gli eventi pubblici seguiti alla prima guerra mondiale lo indussero poi a trasformare i suoi concetti interpretativi della realtà in precetti e norme di vita: nacque così il suo liberalismo; come prima aveva rivendicato l'autonomia della politica, così ora, di fronte a violente ideologie politiche che danno sanzione etica allo stato, è indotto a rivendicare, nel quadro della distinzione, l'autonomia e l'alterità della vita morale rispetto all'attività politica. Il ripensamento e la colorazione etica dei concetti fondamentali del sistema diventano nota caratteristica di questa seconda fase della vita del filosofo, e da essa sgorga gran parte della produzione del C. storico, che è tutta rivolta alla contemplazione e all'esaltazione delle forze morali che operano nella storia. C. teorizza questa esperienza nella distinzione di storiografia puramente economica e di storiografia etico-politica, nell'idea della storia come storia della libertà e della libertà come ultima religione dell'umanità.
La metodologia degli studî letterarî e storici è uscita profondamente rinnovata dall'insegnamento del Croce. Lo studio della poesia, come d'ogni altra arte, deve tendere - egli insegnò - all'individuazione della personalità dell'artista; tutto ciò che è esterno a lui può concorrere a spiegarlo ma non lo condiziona ai fini dell'accertamento della sua poesia; è assolutamente inefficiente, anzi dannoso, un raggruppamento storico degli artisti; storia dell'arte non è possibile fare, e tanto meno storia di singoli generi letterarî che sono astrazioni di critici, non realtà. Le ricerche care al vecchio "metodo storico" sono bensì legittime, ma solo al servizio della ricostruzione storica d'una determinata cultura o civiltà, non mai per la vera comprensione d'un poeta o artista. La storia, a sua volta, è sempre contemporanea, nel senso che essa è legata al presente, nella persona e nell'ambiente dello storico, che muove sempre nell'opera sua da proprî interessi attuali. La storiografia non è cronaca grezza di avvenimenti, ma ricostruzione e giudizio dei fatti, sintesi di intuizione e concetto; è sempre "etico-politica", cioè storia della vita morale e civile dell'uomo. Il linguaggio è creazione individuale, e quindi atto spirituale, espressione di fantasia e non di logica, è dunque sinonimo di poesia; la linguistica, com'è tradizionalmente intesa, cioè come studio di suoni, di forme, di significati, ecc., ha la sua legittimità, ma come studio di fatti sociali. E si tacciono qui gli insegnamenti del C. in molti altri campi di studio, anche lontani da quelli da lui coltivati (per es., nella filologia testuale); ma non può essere taciuto che nella storia della prosa italiana moderna, la prosa del C., così limpida e precisa, senza sbavature di sorta, sostenuta ma senza pedanterie e leziosaggini, rappresenta un momento di notevole importanza. Pertanto il C., anche se non gli mancarono critici e avversarî talvolta violenti, appare come la figura di maggior rilievo della vita culturale italiana della prima metà del Novecento.
Tra le opere di critica e storia letterarie: Saggi sulla letteratura italiana del Seicento (1911); La letteratura della nuova Italia (6 voll., 1914-40); Goethe (1919); AriostoShakespeare e Corneille (1920); La poesia di Dante (1921); Poesia e non poesia (1923); Storia dell'età barocca in Italia (1929); Nuovi saggi sulla letteratura italiana del Seicento (1931); Poesia popolare e poesia d'arte (1933); Nuovi saggi sul Goethe (1934); Poesia antica e moderna (1941); Poeti e scrittori del pieno e tardo Rinascimento (3 voll., 1945-52); La letteratura italiana del Settecento (1949); Letture di poeti e riflessioni sulla teoria e la critica della poesia (1950). Tra le sue opere filosofiche, fondamentale è la Filosofia dello spirito in tre volumi (Estetica come scienza della espressione e linguistica generale, 1902; Logica come scienza del concetto puro, 1909; Filosofia della pratica, 1909), a cui poi si aggiunse la Teoria e storia della storiografia, 1917 (uscita però già nel 1915 in lingua tedesca a Tubinga: Zur Theorie und Geschichte der Historiographie). Altri scritti filosofici: Materialismo storico ed economia marxista (1900), Problemi di estetica (1910); La filosofia di GBVico (1911); Cultura e vita morale (1914); Nuovi saggi di estetica (1920), in cui è compreso il Breviario di estetica (1913); Etica e politica (1931); Ultimi saggi (1935); La poesia (1936); La storia come pensiero e come azione (1939); Il carattere della filosofia moderna (1941); Discorsi di varia filosofia (2 voll., 1945); Filosofia e storiografia (1949); Storiografia e idealità morale (1950); Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici (1952). Tra gli scritti di storia etico-politica: La rivoluzione napoletana del 1799 (1912); Storia del Regno di Napoli (1925); Storia d'Italia dal 1871 al 1915 (1928); Storia d'Europa nel secolo decimonono (1932). Scritti varî: Contributo alla critica di me stesso (1918); Conversazioni critiche (5 voll., 1918-1939); Storia della storiografia italiana nel secolo XIX (2 voll., 1921). Nel 1951 fu pubblicata nei "classici Ricciardi", a cura dello stesso C., un'antologia delle sue opere (Filosofiapoesiastoria), con una compiuta cronologia.

Bertrand Russell 1872

https://youtu.be/IQIhsMZGf7k?si=ic9mGTuz55pk3fAR

Bertrand Russell pensatore inglese, nato a Trelleck il 18 maggio 1872. Dopo avere studiato al Trinity College di Cambridge ed esserne divenuto Fellow nel 1905, vi fu nominato nel 1910 Lecturer; ma nel 1916, per la sua propaganda pacifistica, fu destituito dall'insegnamento, e poi anche, per qualche tempo, incarcerato. Dal 1927 è direttore di una scuola privata. Ingegno di grande fertilità e facilità letteraria, non soltanto nel campo strettamente speculativo, ma anche in quello sociale e politico, il R. è oggi il rappresentante più caratteristico e più universalmente noto del pensiero inglese contemporaneo. Nella copiosissima serie dei suoi scritti (largamente tradotti in molte lingue) sono principalmente da ricordare: A critical Exposition of the Philosophy of Leibniz (Cambridge 1900); The Principles of Mathematics (ivi 1903); Principia Mathematica (voll. 3, in collaborazione con A. N. Whitehead, ivi 1910-13; 2ª ed., 1925-27); Our Knowledge of the External World (Londra 1914); Justice in War-Time (Chicago e Londra 1916); Roads to Freedom: Socialism, Anarchism and Syndicalism (Londra 1918); Introduction to Mathematical Philosophi (ivi 1918); The Practice and Theory of Bolshevism (ivi 1920); Analysis of Mind (ivi 1921); The A. B. C. of Atoms (ivi 1923); Icarus, or the Future of Science (ivi 1924); What I believe (ivi 1925); The A. B. C. of Relativity (ivi 1925); Analysis of Matter (ivi 1927); Sceptical Essays (ivi 1928); Marriage and Morals (ivi 1929); Education and the Social Order (ivi 1932); Freedom and organisation, 1814-1914 (ivi 1934). Moltissimi articoli sono stati inseriti in Mind e in altre riviste filosofiche. Un'esposizione sommaria della propria filosofia il R. ha dato, col titolo di Logical Atomism, nella silloge Contemporary British Philosophy, I (Londra 1924). Nel primo periodo della sua evoluzione, che approssimativamente si estende fino alla guerra mondiale, il pensiero del R. è volto soprattutto ai principî della matematica e conclude con l'identità matematica-logica e con l'enunciazione della celebre antinomia. Dalla sua collaborazione col A. N. Whitehead nascono i Principia Mathematica, opera monumentale, in cui si ricercano i fondamenti della logica e della teoria degli aggregati mediante l'uso di un'ideografia la quale deriva in buona parte da quella di G. Peano con l'aggiunta di nuovi simboli solo in parte necessarî: ne è rimasta classica principalmente l'enunciazione dei postulati della logica delle proposizioni e la teoria dei tipi. Nella fase ulteriore l'interesse del R. si estende anche ai singoli problemi concreti della filosofia: ma l'intrinseco logicismo e matematismo della sua mentalità mostra qui chiaramente il suo difetto, perché ciò che più interessa nei molti libri di questo periodo è quello che non discende dal R. filosofo-matematico, ma dal R. giornalista e politico e uomo di generale cultura e vivacità mentale. Dal punto di vista tecnicamente filosofico, il R. ritorna in questa età alla tradizione dell'empirismo inglese, e tende (sotto il prevalente influsso di G. Berkeley e di D. Hume, ma non senza ricordo del già tanto amato G. W. Leibniz) a una concezione della realtà come entità superiore all'antitesi materia-spirito: concezione che si avvicina perciò a quella del cosiddetto "monismo neutro", difesa in America, p. es., da J. Dewey e da W. James.

Ernst Cassirer 1874
https://youtu.be/4QUYIe2BQPk?si=ydoUnfLQb6PTPxzD

Ernst Cassirer filosofo e storico tedesco della filosofia (Breslavia 1874 - New York 1945). Dal 1919 fu prof. e poi rettore nell’univ. di Amburgo. All’avvento del nazismo fu costretto, a causa delle sue origini ebraiche, a lasciare la Germania: fu prof. a Oxford (1934), a Göteborg in Svezia (1935), infine presso la Yale University (1941) e la Columbia University (1944) negli Stati Uniti. Formatosi alla scuola neokantiana di Marburgo, subì l’influsso di H. Cohen, la cui interpretazione del criticismo kantiano come idealismo logico fondante la legalità della scienza, vista come l’unica disciplina in grado di fornire un resoconto coerente dell’esperienza, è riconoscibile nel primo periodo della produzione di Cassirer. Dopo avere esaminato lo sviluppo storico della teoria della conoscenza nel pensiero filosofico e scientifico dal Rinascimento a Kant (Leibniz’ System in seinen wissenschaftlichen Grundlagen, 1902; Das Erkenntnisproblem in der Philosophie und Wissenschaft der neueren Zeit, 4 voll., 1906, 1907, 1920 e 1950, trad. it. Storia della filosofia moderna), nella sua prima opera teorica, Substanzbegriff und Funktionsbegriff (1910; trad. it. Sostanza e funzione), C. analizzò la struttura logica degli ambiti fondamentali della scienza contemporanea. In questa analisi, il concetto di una sostanza indipendente dall’attività conoscitiva umana e garanzia dell’oggettività della conoscenza (concetto metafisico cardine almeno a partire da Aristotele) viene sostituito dal concetto di funzione, in base al quale l’oggettività della conoscenza è costituita dalle relazioni funzionali che l’intelletto stabilisce a priori tra i dati forniti dall’osservazione. A tale fondamento kantiano C. ricondusse anche la teoria einsteiniana della relatività (Zur Kritik der Einsteinschen Relativitätstheorie, 1921; trad. it. Sulla teoria della relatività di Einstein) e la meccanica quantistica (Determinismus und Indeterminismus in der modernen Physik, 1936; trad. it. Determinismo e indeterminismo nella fisica moderna). Nel contempo estese la stessa interpretazione kantiana alle altre sfere della cultura, tutte intese come autonome manifestazioni dell’attività conoscitiva dello spirito. Nella Philosophie der symbolischen Formen (3 voll., 1923, 1925 e 1929; trad. it. Filosofia delle forme simboliche) C. concepisce anche il mito, il linguaggio, la religione, l’arte, ecc., come forme simboliche per mezzo delle quali lo spirito dà un senso al reale. Tali forme, tra loro differenti a seconda del principio spirituale operante in esse ma unite dal fatto di essere creatrici di simboli (intuitivi o concettuali), permettono di eliminare la tradizionale contrapposizione tra epoche storiche in favore di una continuità funzionale tra le prime fasi mitico-magiche e quelle razionali della scienza contemporanea. Nel delineare la struttura complessiva del sistema delle forme simboliche, interagenti entro l’unità dello spirito, C., pur mantenendo ferma l’impostazione kantiana, risentì fortemente l’influsso della fenomenologia di Hegel. Il concetto di forma simbolica rimase il principio fondamentale delle sue successive opere teoriche: Zur Logik der Kulturwissenschaften (1942; trad. it. Sulla logica delle scienze della cultura); An essay on man (1944; trad. it. Saggio sull’uomo); The myth of the State (1946; trad. it. Il mito dello Stato). All’elaborazione del concetto di forma simbolica corrispose un ampliamento dell’interesse storiografico di C., che trovò espressione in numerose opere: Freiheit und Form (1916; trad. it. Libertà e forma); Kants Leben und Lehre (1918; trad. it. Vita e dottrina di Kant); Idee und Gestalt (1921); Individuum und Kosmos in der Philosophie der Renaissance (1927; trad. it. Individuo e cosmo nella filosofia del Rinascimento); Die Philosophie der Aufklärung (1932; trad. it. La filosofia dell’Illuminismo).

Max Scheler 1874

https://youtu.be/M_9X8_0p7vk?si=OCSfAZ2uV4Tb2x3W


Max Scheler, Filosofo (Monaco di Baviera 1874 - Francoforte sul Meno 1928). Professore nelle univ. di Jena, di Monaco, di Colonia e di Francoforte. Dopo un saggio ispirato ancora alle prospettive del suo maestro R. Eucken (Die transzendentale und die psychologische Methode, 1900), S. si avvicinò alla fenomenologia husserliana, sviluppandola anzitutto in direzione dell'etica con una serie di scritti tra cui il più celebre e importante è Der Formalismus in der Ethik und die materiale Wertethik (1916). Il metodo fenomenologico consente infatti, secondo S., d'individuare degli oggetti completamente inaccessibili all'intelletto e disposti tra loro in un ordine eterno e gerarchico: i valori. L'accertamento del loro ordine, mediante un'intuizione "sentimentale", porta alla scoperta di leggi altrettanto precise ed evidenti di quelle della logica e della matematica e tali da rendere possibile la fondazione dei fenomeni morali, in contrasto con l'etica puramente formale di Kant. I valori devono poi essere accuratamente distinti nei loro diversi piani (o modalità), che vanno da quello dei valori connessi alla sensibilità (come il gradevole e lo sgradevole), a quelli vitali (come il benessere, il malessere, la salute, ecc.), a quelli spirituali (il bello, il giusto, il vero, i valori culturali in generale) e infine a quelli religiosi (il sacro). All'approfondimento di quest'ultimo tipo di valori tende la filosofia della religione, sviluppata soprattutto in Vom Ewigen im Menschen (1921), dove S. si avvicinò al cattolicesimo mettendo al centro della sua filosofia la concezione dell'amore come rapporto essenziale della persona umana con il Dio-persona. Su questa centralità della persona e dell'amore è pure fondata la sociologia di S., trattata soprattutto nel volume Die Wissensformen und die Gesellschaft (1926) e rivolta a una critica serrata della civiltà moderna, accusata di aver rovesciato in modo utilitaristico e pragmatistico quei valori di corresponsabilità e solidarietà sui quali soltanto si può sviluppare una "comunità personale" autentica. Negli ultimi anni della sua vita S. lavorò alla costruzione di un'antropologia filosofica, di cui pubblicò i primi risultati nel volume Die Stellung des Menschen im Kosmos (1928) e che rimase interrotta per la sua morte. In quest'ultima fase del suo pensiero S. si allontanò dalla concezione cristiana di Dio come pura trascendenza, attribuendo anche alla divinità quella dualità e quell'opposizione tra lo spirito, come razionalità, e l'istinto, come impulso, che sono costitutive dell'uomo, e considerando la storia come sviluppo del loro conflitto in vista della piena realizzazione del divino attraverso l'uomo e nell'uomo. Tra le altre opere di S. vanno ricordate: Vom Umsturz der Werte (1915), Wesen und Formen der Sympathie (1923), Schriften zur Soziologie und Weltanschauungslehre (1923-24), Philosophische Weltanschauung (post., 1929).

Giovanni Gentile 1875https://youtu.be/E5bLsWKoCK0?si=TTpG1diUnPnjYJwf


Filosofo e storico della filosofia (Castelvetrano 1875 - Firenze 1944). Discepolo alla Scuola normale superiore di Pisa di D. Jaja (che lo avvicinò al pensiero di B. Spaventa), di A. D'Ancona e di A. Crivellucci; professore nelle università di Palermo (1906-13), Pisa (1914-16), Roma (dal 1917); direttore (1929-43) della Scuola normale superiore di Pisa, di cui promosse l'ampliamento e lo sviluppo; collaboratore con B. Croce per un ventennio nella redazione della Critica e nell'opera di rinnovamento della cultura italiana; fondatore (1920) e direttore del Giornale critico della filosofia italiana; ministro della Pubblica Istruzione (ott. 1922 - luglio 1924); senatore del Regno (dal nov. 1922); socio nazionale dei Lincei (1932); presidente dell'Accademia d'Italia (dal nov. 1943). Considerò il fascismo come il continuatore della destra storica nell'opera del Risorgimento, e ad esso aderì; ma si tenne lontano, soprattutto nella collaborazione intellettuale, da ogni intransigenza verso persone di opposti convincimenti. Dopo essere stato ministro della Pubblica Istruzione, abbandonò la politica attiva, dedicandosi, oltre che agli studî, alla promozione e organizzazione d'imprese culturali (tra cui l'Enciclopedia Italiana, di cui fu anche il direttore scientifico). Il 24 giugno 1943 riapparve alla ribalta politica con un discorso sul Campidoglio, in cui auspicava, come italiano e "non gregario di un partito che divide", l'unione di tutte le forze per la salvezza del paese, che era sull'orlo della sconfitta. Nella seconda metà di novembre fu nominato da B. Mussolini presidente dell'Accademia d'Italia, trasferita in quei frangenti a Firenze. E a Firenze fu ucciso da un gruppo di giovani aderenti ai GAP (gli scritti suoi di quel tragico periodo furono poi raccolti dal figlio Benedetto nel volume: G. Gentile: dal discorso agli Italiani alla morte, 1950). La filosofia di G. (La riforma della dialettica hegeliana, 1913; Teoria generale dello spirito come atto puro, 1916; I fondamenti della filosofia del diritto, 1916; Sistema di logica, 2 voll., 1917-23; Discorsi di religione, 1920; Filosofia dell'arte, 1931; Introduzione alla filosofia, 1933; Genesi e struttura della società, post., 1946) s'incentra sul concetto del pensiero come "atto puro"; donde la denominazione di "attualismo" o "idealismo attuale" da essa assunta. Tale concetto è inteso non, come in Aristotele, quale realtà priva di potenza e quindi perfettamente realizzata, bensì come realtà che è lo stesso processo di realizzazione, ossia come pensiero pensante o pensiero in prima persona o Io (risolvente in sé tutto il reale naturale o storico), il quale "è" tale in quanto "non è" già o di fatto, ma "diviene", si fa. Pertanto l'Io - in cui G. ritrova l'io trascendentale di I. Kant liberato dal noumeno e da ogni dualismo di attività teoretica e pratica - si pone come sintesi "attuosa" di coscienza di sé e coscienza di altro da sé, o come autodeterminazione dell'"autoconcetto" nel "concetto", il quale è il "risultato in cui termina un processo dinamico vivo". In questa conciliazione della fermezza del pensato e della dinamicità del pensare (in cui il primo è contenuto e risolto), G. trova l'inveramento della logica aristotelica, o dell'identità, e della logica hegeliana, o dialettica. Con la critica e la negazione di ogni presupposto dell'attività dell'Io, e quindi di ogni dualismo (di natura e spirito, finito e infinito, ecc.), si afferma l'assoluto spiritualismo o immanentismo. Tale concezione, che risolve tutta la realtà e ogni forma della vita spirituale nell'atto del pensiero, identifica questo ultimo con la filosofia o autocoscienza, quale mediazione dialettica dell'arte e della religione, concepita l'una come momento della pura soggettività o sentimento e l'altra come momento della pura oggettività; e conduce parimenti all'identificazione di storia e filosofia, come risoluzione del passato nel presente eterno dell'atto. Dalla concezione attualistica G. ricavò, rispetto al problema educativo (Sommario di pedagogia, 2 voll., 1913-14; La riforma dell'educazione, 1920; Educazione e scuola laica, 1921; Preliminari allo studio del fanciullo, 1924), due principali conseguenze: l'identità di pedagogia e filosofia e il concetto dell'autonomia dell'educando, onde l'educazione, quale processo unificatore di educando ed educatore, è propriamente autoeducazione. Queste idee presiedettero alla riforma della scuola del 1923, attuata da G. ministro della Pubblica Istruzione (i cui scritti e discorsi furono poi raccolti nel volume La riforma della scuola in Italia, 1932). Tale riforma (la più organica dall'unificazione d'Italia in poi) concepiva la scuola come funzione essenziale dello stato; tuttavia consentì, in omaggio al principio della libertà d'insegnamento, l'istituzione di scuole private, a fianco di quelle pubbliche, ma con il controllo dello stato sulle une e le altre mediante l'"esame di stato", che doveva altresì accertare la maturità del candidato; intese sostituire all'istruzione manualistica e informativa quella formativa che si basa sul contatto diretto con gli autori classici; riconobbe, in antitesi all'indirizzo strettamente intellettualistico della scuola tradizionale, il valore dell'educazione estetica e di quella religiosa; promosse l'educazione fisica e sportiva; rinnovò le scuole di tipo moderno e professionale. Notevole anche il suo impegno nel campo dell'estetica e della critica letteraria (Frammenti di estetica e letteratura, 1921; Manzoni e Leopardi, 1928; Filosofia dell'arte, 1931; Studi su Dante, post., 1965). Teorizzando l'arte come il momento dialettico dell'immediato sentimento, che si media esprimendosi e incarnandosi nel pensiero o filosofia, di cui è l'"anima ascosa e presente", egli assegnò alla critica (in ciò intendendo riallacciarsi fedelmente a F. De Sanctis) il compito di ricercare nell'artista l'uomo, ossia di considerare la forma come la concretezza di un contenuto reale (la concezione morale, la fede religiosa, il credo politico, ecc., di un artista). Pertanto un'opera di poesia non viene spezzata in poesia e non poesia, poesia e struttura, ma valutata nella sua unità e organicità, come opera di poesia e insieme di pensiero. G. ha svolto opera vastissima anche come storico della filosofia, attento soprattutto allo svolgimento della filosofia italiana: dallo studio Rosmini e Gioberti (1898, in cui riprendeva la sua tesi di laurea) ai volumi Dal Genovesi al Galluppi (1903), La Filosofia (nella Storia dei generi letterari it., 1904-15, poi ripubblicato col titolo Storia della filosofia italiana fino a L. Valla), I problemi della scolastica e il pensiero italiano (1913), Le origini della filosofia contemporanea in Italia (4 voll., 1917-23), G. Capponi e la cultura toscana del sec. XIX (1922). La sua opera storiografica, in cui si avverte l'influenza della prospettiva hegeliano-spaventiana (per cui la storia della filosofia è l'attuarsi progressivo dello spirito), è ricca di contributi puntuali (come gli Studi vichiani, 1915, e i due volumi sul Rinascimento: Studi sul Rinascimento, 1923; Giordano Bruno e il pensiero del Rinascimento, 1920; poi ripubblicato in 3ª ed., 1939, col titolo Il pensiero italiano del Rinascimento), nonché di ricerche erudite e di edizioni di testi soprattutto di filosofi italiani (da ricordare la collaborazione all'ed. di G. Vico e l'ed. dei Dialoghi metafisici e dei Dialoghi morali di G. Bruno). Da tale opera la storiografia filosofica ha ricevuto grande impulso, e molta influenza hanno esercitato certi suoi schemi interpretativi. G., che alla scuola aveva dato il meglio di sé, ebbe una folta schiera di discepoli e seguaci che, per un certo periodo, fecero dell'attualismo il sistema filosofico caratteristico della vita culturale italiana; negli ultimi anni di vita del filosofo, tuttavia, ebbe luogo un processo che doveva portare allo sfaldamento dell'unità del movimento attualistico, il quale si divise in due opposti indirizzi: l'uno teso a svilupparne i principî in forme di estremo storicismo e problematicismo, l'altro centrato sul tentativo di conciliarlo con la trascendenza e il teismo tradizionali.


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