domenica 8 gennaio 2023

Corso i grandi economisti moderni: Lezione 2 Mill Marx Marshall Paréto Veblen Schumpeter Keynes Hayek

John Stuart Mill

John Stuart Mill (1806-1873) è stato un filosofo e economista britannico, noto per le sue influenti opere nel campo dell'economia, della filosofia politica e dell'etica. La sua filosofia è stata un importante contributo al liberalismo classico e alla teoria dell'utilitarismo. Ecco alcune delle sue principali idee e contribuzioni:

Utilitarismo: Mill è noto per il suo sostegno all'utilitarismo, una teoria etica che afferma che l'azione giusta è quella che massimizza la felicità o il piacere per il maggior numero possibile di persone. Ha sostenuto che il bene supremo è la felicità e ha cercato di sviluppare una versione "superiore" dell'utilitarismo che tiene conto della qualità del piacere, non solo della quantità.

Libertà individuale: Mill è stato un fervente sostenitore della libertà individuale e ha scritto ampiamente sulla necessità di limitare l'interferenza del governo nella vita delle persone. La sua opera più famosa su questo argomento è "Saggio sulla libertà" (1859), in cui ha difeso il principio del danno: il governo dovrebbe intervenire solo per prevenire danni agli altri, ma non per impedire alle persone di fare scelte che possono influenzare solo se stesse.

Economia politica: Mill ha contribuito all'analisi economica con opere come "Principi di economia politica" (1848). Ha sostenuto l'importanza dell'intervento governativo per correggere le disuguaglianze e ha promosso la redistribuzione del reddito attraverso la tassazione progressiva.

Diritti delle donne: Mill è stato un sostenitore dei diritti delle donne ed è noto per il suo saggio "La schiavitù delle donne" (1869), in cui ha difeso il diritto di voto delle donne e l'uguaglianza di genere. La sua influenza è stata importante nel movimento per i diritti delle donne nel XIX secolo.

Educazione: Mill ha anche scritto sull'importanza dell'educazione e della libertà intellettuale. Ha promosso l'educazione per tutti e ha sottolineato il ruolo dell'istruzione nell'empowerment individuale e nella formazione di cittadini responsabili.

Teoria della distribuzione: Mill ha contribuito alla teoria della distribuzione del reddito, sottolineando la necessità di una giusta distribuzione della ricchezza e criticando il sistema di rendita.

Karl Marx 1818

Karl Marx (1818-1883) è stato un filosofo, economista e politico tedesco, noto soprattutto come il fondatore del marxismo. Le sue opere hanno avuto un impatto profondo e duraturo sulla teoria politica, economica e sociale, e il suo pensiero ha influenzato significativamente il corso della storia mondiale. Ecco alcune delle principali idee e contribuzioni di Karl Marx:

Materialismo storico: Marx è noto per aver sviluppato il concetto di "materialismo storico", un approccio alla comprensione della storia umana in cui gli sviluppi sociali e politici sono visti come il risultato di forze economiche e materiali. Marx sosteneva che la lotta di classe fosse il motore della storia e che la struttura economica di una società fosse determinante per la sua organizzazione politica e sociale.

Lotta di classe: Una delle idee centrali di Marx è la concezione della lotta di classe, in cui la società è divisa in classi sociali con interessi conflittuali. Ha identificato la borghesia (i capitalisti) e il proletariato (i lavoratori) come le due principali classi in lotta nel capitalismo. La sua teoria prevedeva che questa lotta di classe avrebbe portato alla rivoluzione proletaria.

Comunismo: Marx è famoso per aver scritto, insieme a Friedrich Engels, il "Manifesto del Partito Comunista" nel 1848. Nel manifesto, Marx ha esposto il suo obiettivo di eliminare la proprietà privata dei mezzi di produzione e stabilire una società senza classi basata sulla proprietà collettiva dei mezzi di produzione, nota come "comunismo".

Critica del capitalismo: Marx ha analizzato criticamente il sistema capitalista, sostenendo che fosse intrinsecamente ingiusto e basato sull'oppressione della classe lavoratrice. Ha esaminato i concetti di alienazione e sfruttamento nel contesto del capitalismo, sottolineando come i lavoratori fossero alienati dal prodotto del loro lavoro e sfruttati attraverso la produzione di plusvalore per i capitalisti.

Teoria del valore del lavoro: Marx ha sviluppato una teoria del valore basata sul lavoro, sostenendo che il valore di un bene o di un servizio fosse determinato dalla quantità di lavoro necessaria per produrlo. Questo concetto è in contrasto con la teoria del valore del libero mercato sostenuta da economisti come Adam Smith.

Critica dell'ideologia: Marx ha sviluppato la teoria dell'ideologia, sostenendo che le idee e le credenze di una società riflettessero spesso gli interessi delle classi dominanti. Ha introdotto il concetto di "falsa coscienza", che rappresenta la mancanza di consapevolezza da parte dei lavoratori dei loro veri interessi a causa dell'ideologia dominante.

Rivoluzione proletaria: Marx ha previsto che la lotta di classe avrebbe portato alla rottura del sistema capitalista e alla creazione di una società comunista attraverso una rivoluzione proletaria. La sua visione era che il proletariato avrebbe preso il controllo dei mezzi di produzione e istituito una società senza classi.


Alfred Marshall

Alfred Marshall (1842-1924) è stato un influente economista britannico noto per le sue significative contribuzioni alla teoria economica, in particolare nell'ambito dell'analisi dei prezzi, della teoria del valore e della microeconomia. È considerato uno dei fondatori dell'economia neoclassica e ha svolto un ruolo importante nello sviluppo della moderna teoria economica. Ecco alcune delle sue principali idee e contribuzioni:


Teoria del valore: Marshall ha contribuito alla teoria del valore sostenendo che il valore di un bene è determinato dalla domanda e dall'offerta. Ha introdotto il concetto di utilità marginale, sostenendo che il valore di un bene è influenzato dall'utilità marginale, ovvero dalla quantità aggiuntiva di soddisfazione che un individuo ottiene consumando un'unità aggiuntiva di quel bene.


Teoria della domanda e dell'offerta: Marshall ha sviluppato la teoria della domanda e dell'offerta, che è fondamentale nell'analisi microeconomica. Ha sostenuto che il prezzo di un bene si stabilisce quando la quantità domandata è uguale alla quantità offerta, noto come equilibrio di mercato.


Concetto di elasticità: Marshall è stato uno dei primi economisti a introdurre il concetto di elasticità, che misura la sensibilità della domanda o dell'offerta alle variazioni dei prezzi o dei redditi. La sua formula per calcolare l'elasticità-prezzo della domanda è ancora ampiamente utilizzata oggi.


Teoria del produttore: Ha contribuito alla teoria del produttore, analizzando i costi di produzione e la teoria dell'impresa. Ha introdotto il concetto di "periodo a breve" e "periodo a lungo", riconoscendo che le imprese possono apportare modifiche alla loro produzione a seconda delle condizioni di mercato.


Economia del benessere: Marshall ha lavorato sulla teoria dell'equilibrio economico e sul benessere economico. Ha introdotto il concetto di "surplus del consumatore" e "surplus del produttore", che misurano il benessere derivante da un determinato equilibrio di mercato.


Ruolo del governo: Marshall ha sostenuto un ruolo limitato per il governo nell'economia, ma ha riconosciuto che ci sono situazioni in cui l'intervento governativo può essere giustificato per correggere fallimenti del mercato o per promuovere il benessere generale.



Vilfredo Paréto

https://youtu.be/5MryrVO6JK8

 

Economista (Parigi 1848 - Céligny, Ginevra, 1923), figlio di Raffaele e di madre francese. Dal 1893 professore di economia politica presso l'univ. di Losanna. È noto per la definizione, divenuta fondamentale per gli sviluppi successivi della teoria del benessere, del cosiddetto ottimo paretiano. Tra le opere più importanti si ricordano: Cours d'économie politique, Manuale di economia politicaTrattato di sociologia generale. Passò in Francia i primissimi anni della sua vita, ma in Italia, dove ritornò nel 1858, fece tutti gli studi e si laureò in ingegneria nel 1869 al politecnico di Torino. Esercitò la professione per circa un ventennio e fu, a Firenze, direttore delle ferrovie di S. Giovanni Valdarno e poi direttore generale delle Ferriere Italiane. Frequentò in questo periodo l'alta società fiorentina e in particolare il salotto della signora Emilia Peruzzi, alla quale e al marito Ubaldino restò sempre deferentemente affezionato. Posto dalla sua stessa attività di fronte ai problemi fondamentali della politica economica, si schierò con i libero-scambisti, denunciando l'asservimento agli interessi di gruppi insito nell'orientamento protezionista. Ma la politica fu per lui sempre espressione di malvagità, corruzione e arrivismo. Industriale, non si limitò a considerare il suo caso particolare, ma scese fieramente in campo, paladino della dottrina del libero scambio, in nome della quale sferzò la politica protezionista del tempo, denunciandone la povertà spirituale e l'asservimento a interessi di gruppi. La lettura dei Principi di economia pura di M. Pantaleoni lo attrasse però nel 1889 alla speculazione scientifica in cui trovò la dimensione di rigore e di logica che non individuava nella realtà. Dal 1890 al 1905 collaborò assiduamente al Giornale degli economisti (saggi raccolti in Scritti teorici, a cura di G. Demaria, 1952), contribuendo a consolidare i principi dell'economia matematica introdotti da A. Cournot, W. Jevons e L. Walras, che dovevano costituire la base della sua teoria dell'equilibrio economico generale. Negatagli la cattedra in Italia dall'ostilità della classe universitaria, accettò l'offerta del Cantone di Vaud e successe nel 1893 a Walras nell'insegnamento dell'economia politica all'università di Losanna. Nel 1906 lasciò l'insegnamento per dedicarsi nella quiete di Céligny, dove visse l'ultimo periodo della sua vita, unicamente agli studi. Continuò tuttavia a seguire le vicende economiche e politiche del tempo, e lo studio e la meditazione lo portarono gradatamente verso un atteggiamento spirituale antitetico a quello di origine, per cui il vecchio liberale, che da principio tendeva al radicalismo se non al socialismo, si andò a poco a poco trasformando in uno dei più gagliardi critici del socialismo e della democrazia. Nel 1922 fu nominato senatore e scelto a rappresentare l'Italia alla Società delle Nazioni per la questione del disarmo, ma le condizioni di salute gli impedirono di accettare l'incarico. Delle sue opere principali il Cours d'économie politique (1896-97; trad. it. 1942) prelude al Manuale d'economia politica (1906; l'ed. franc. del 1909 differisce dalla prima per l'affinamento dell'Appendice matematica); Les systèmes socialistes (1902) preparano il Trattato di sociologia generale (1916), mentre le due raccolte di articoli e saggi Fatti e teorie (1920) e Trasformazione della democrazia (1921; nuova ed. 1946) lo completano. Nel Cours P. sostiene che l'economia debba essere studiata con gli stessi strumenti logici delle scienze naturali, in particolare della meccanica razionale, e sviluppa il concetto di ofemilità, «ossia quel rapporto di convenienza, che fa sì che una cosa soddisfi un bisogno o un desiderio, legittimo o meno». Il perseguimento del massimo di ofemilità da parte dell'individuo (inteso in senso astratto) rappresenta la condizione affinché anche la collettività, attraverso il meccanismo della libera concorrenza, possa raggiungere il massimo di ofemilità generale. Per P. l'equilibrio dell'aggregato sociale viene quindi raggiunto attraverso il movimento delle singole parti che lo compongono, rappresentate, in termini matematici, da un sistema di equazioni del quale occorre cercare la soluzione. Il Cours non si discosta ancora molto dallo schema tradizionale, ma contiene la prima e più elegante ricerca di economia induttiva a base statistica, e cioè la legge dei redditi secondo la quale il diagramma che esprime il numero dei redditieri di una collettività in funzione dell'ammontare del reddito tenderebbe ad avere la forma di una retta e il coefficiente che misura/">misura l'inclinazione della retta stessa, determinabile in base ai dati statistici, assumerebbe in tutte le epoche circa lo stesso valore (invarianza della curva dei redditi) dimostrando il carattere permanente dell'ineguaglianza. Sebbene tale legge non sia stata confermata empiricamente, riveste ugualmente grande importanza sotto l'aspetto metodologico. Il Manuale, pur costituendo ancora in parte uno sviluppo del pensiero di L. Walras, se ne allontana in molti punti fondamentali, soprattutto nella teoria del valore, che viene basata sulle curve di indifferenza, in quella della produzione, della capitalizzazione, del costo, ecc., oltre che nella visione generale del processo sociale; secondo molti l'aver abbandonato l'utilità marginale, perché non misurabile, sarebbe il maggior contributo teorico di Pareto. Attraverso il rifiuto del sistema delle utilità e l'individuazione di un nuovo sistema di preferenze egli giunge alla definizione, divenuta fondamentale per gli sviluppi successivi della teoria del benessere, di ottimo (o efficienzaparetiano. Quest'ultimo rappresenta quella posizione dell'economia in cui si realizza un'allocazione (cioè una distribuzione tra gli individui dei beni di consumo e delle risorse) tale che, date le risorse produttive, le preferenze dei consumatori, la tecnologia e la distribuzione delle risorse, non esiste nessun'altra allocazione che possa aumentare l'utilità di un individuo senza diminuire quella di un altro. P. sposta il fuoco della sua ricerca dall'aspetto contingente a quello dinamico della realtà economica in perpetuo divenire per il giuoco di forze esterne ed interne e delinea l'equilibrio come nascente dal contrasto tra azioni e reazioni. Soltanto però le forze esterne, i gusti cioè, che spingono gli uomini ad agire, e gli ostacoli (limitazione dei beni, leggi della tecnica, organizzazione giuridica ed economica, ecc.), che vi si oppongono, sono contemplate nel Manuale, dato che le forze interne, cioè le grandi direttrici storiche da cui è pure impossibile prescindere, sfuggono alla rappresentazione matematica. Il movimento dei fenomeni economici non può essere comunque separato da quello dei fenomeni politici e sociali e la dinamica economica sbocca nella sociologia. In ogni società vi è sempre opposizione fra una massa e una élite destinata a essere sostituita da un'altra élite che, dopo aver lottato, sfrutterà il potere per cadere a sua volta in decadenza. Secondo una visione dura e pessimistica, la storia appare dunque a Pareto come una circolazione di «aristocrazie» che si alternano continuamente in un andamento ciclico. Sull'analisi dei fatti umani poggia l'edificio del Trattato di sociologia paretiana. Le azioni umane, che sono espressione delle forme sociali, si distinguono in logiche (collegano i mezzi al fine) e non logiche (non realizzano tale collegamento). Per P. le prime sono poco numerose e sono presenti soprattutto nell'arte e nella scienza; nelle seconde si ritrova invece una parte costante (rappresentata da istinti, sentimenti, interessi, ecc.) detta residuo, e una parte variabile (costituita da tentativi di giustificare razionalmente l'irrazionale, cioè dagli sforzi di logicizzazione) detta derivazione. Gli individui sono spinti soltanto dai sentimenti e dall'irrazionalità, cioè dai residui, mentre le derivazioni rappresentano una falsa razionalizzazione. Altri scritti: La legge della domanda (in Giornale degli economisti1895); La courbe des répartitions des revenus (1896); Aggiunta allo studio sulla curva delle entrate (in Giornale degli economisti1897); Le mythe vertuiste et la littérature immorale (1911). Sono state pubblicate le Lettere a Maffeo Pantaleoni 1890-1923 (a cura di G. de Rosa, 3 voll., 1960, con 1 vol. di complemento, Carteggi paretiani1962) ed è stata realizzata, a Ginevra, una ristampa delle Oeuvres complètes (1965-89).


Thorstein Veblen

Thorstein Veblen (1857-1929) è stato un influente economista e sociologo americano di origine norvegese. È noto soprattutto per le sue analisi della società di consumo, del capitalismo e delle istituzioni sociali. Le sue idee sono state fondamentali per lo sviluppo della sociologia economica e hanno avuto un impatto duraturo sulla teoria economica e sociale. Ecco alcune delle sue principali idee e contribuzioni:

Teoria della classe predatoria: Veblen ha sviluppato la teoria della "classe predatoria", in cui ha analizzato le élite economiche e sociali come una classe che trae vantaggio dal controllo delle risorse economiche e dal consumo conspicuo, cioè dalla dimostrazione di status attraverso l'acquisto di beni di lusso e lo spreco. Questa teoria ha sfidato le concezioni tradizionali della classe capitalistica.

Consumo conspicuo: Il concetto di consumo conspicuo è centrale nel pensiero di Veblen. Ha sostenuto che le persone spesso consumano beni non per le loro qualità intrinseche, ma per dimostrare il loro status sociale. Ha analizzato come il desiderio di mostrare status sociale influenzi le scelte di consumo e contribuisca al ciclo del consumo ostentato.

Società di consumo: Veblen è stato uno dei primi a esaminare la trasformazione delle società industriali in società di consumo. Ha studiato come il consumo di beni di lusso e di prestigio sia diventato un elemento centrale nella vita delle persone nelle società capitalistiche avanzate.

Istituzioni sociali: Veblen ha dedicato molta attenzione all'analisi delle istituzioni sociali e economiche. Ha esaminato come le istituzioni influenzino il comportamento umano e come possano ostacolare o promuovere il progresso sociale ed economico.

Teoria dell'evoluzione sociale: Veblen ha sviluppato una teoria dell'evoluzione sociale basata sull'idea che le istituzioni sociali e le pratiche culturali cambino nel tempo in risposta alle condizioni materiali e alle influenze ambientali. Ha studiato come le società si sviluppano e si adattano alle nuove circostanze.

Critica del capitalismo: Sebbene Veblen non fosse un marxista, ha criticato il capitalismo per la sua enfasi sul profitto e il consumo senza considerare il benessere sociale. Ha sottolineato i conflitti di interesse tra i capitalisti e il resto della società.

Joseph Alois Schumpeter

https://youtu.be/BfwJtXsaJrE

 
Economista (Třešt', Moravia, 1883 - Taconic, Connecticut, 1950); prof. nelle univ. di Černovcy (1909) e Graz (1911) e, dopo una breve parentesi in cui fu ministro delle Finanze della repubblica austriaca (1919) e presidente della Biedermann Bank (1922), nell'univ. di Bonn (1925), insegnò dal 1932 alla morte nella Harvard University di Cambridge (Mass.). Trovando il punto di partenza della sua analisi nell'economia marginalista (fu allievo a Vienna di von Wieser), S. risentì, nella seconda parte della vita, dell'empirismo americano, ma, anche valendosi della storia e della statistica (fu tra i fondatori della Econometric Society, e suo presidente), non rinunciò a configurare la scienza economica come scienza deduttiva. È soprattutto noto come teorico del ciclo e dello sviluppo economico e come assertore sia della funzione determinante dell'imprenditore nell'evoluzione dell'economia, sia dell'importanza della creazione di credito da parte delle banche nei confronti delle decisioni degli imprenditori stessi e, di conseguenza, del progresso economico. Vivo interesse ha suscitato la sua analisi avente per oggetto il meccanismo del mutamento economico dell'economia capitalistica e che comunemente è detta teoria delle innovazioni. Partendo dall'ipotesi del flusso circolare del reddito (di un'economia cioè stazionaria che consuma interamente il proprio reddito senza risparmiare) e dallo studio del comportamento dell'imprenditore come se fosse avulso dall'ambiente economico, S. ha successivamente inserito nel modello il fattore causale del mutamento, ossia l'innovazione, e ha messo a fuoco l'interazione dell'imprenditore-innovatore con le forze operanti sul mercato. Da tale meccanismo risulta un processo di sviluppo caratterizzato dalla forma ondulatoria specifica del ciclo economico. S. ha lasciato anche acute e rigorose analisi di storia delle dottrine economiche e, soprattutto, ha tentato ampie sintesi di carattere sociologico e politico, entrando in un complesso rapporto di assimilazione e di polemica con il marxismo. Così egli ha sostenuto la necessaria ma graduale evoluzione del capitalismo verso forme di socialismo, con il progressivo esaurimento della proprietà individuale dei mezzi di produzione, criticando però la lotta di classe quale canone di interpretazione storica e metodo rivoluzionario. Inoltre, ha respinto l'identificazione dell'imperialismo con il capitalismo giunto nella sua ultima fase, collegando invece a residui precapitalistici le tendenze verso l'espansione coloniale o la costituzione di sfere d'influenza politica e militare, che agiscono nelle relazioni internazionali dell'età contemporanea. Opere principali: Theorie der wirtschaftlichen Entwicklung (1912; in ingl.: The theorie of economic development: an inquiry into profits, capital, credit, interest and the business cycle1934; trad. it. dal tedesco, 1971); Epochen der Dogmen und Methodengeschichte (1914; in ingl.: Economic doctrine and method: an historical sketch1954; trad. it. dal tedesco, 1955); Zur Soziologie der Imperialismen (1919; trad. it. 1972) e Die sozialen Klassen in ethnisch-homogenen Milieu (1927), ristampati insieme in ingl., col tit. Imperialism and social classes (1951; trad. it. 1972); Business cycles: a theoretical, historical and statistical analysis of the capitalist process (2 voll., 1939); Capitalism, socialism and democracy (19423a ed. 1950; trad. it. 19551964 e 1967). Sono uscite postume: Ten great economists: from Marx to Keynes (1951; trad. it. 1953); Essays (a cura di R. V. Clemence, 1951); Aufsätze zur Soziologie (a cura di A. Spiethoff e E. Schneider, 1952); Dogmenhistorische und biographische Aufsätze (a cura di A. Spiethoff e E. Schneider, 1954); History of economic analysis (a cura di E. Boody Schumpeter, 1954; trad. it. di P. Sylos Labini, 3 voll., 1959-60); Das Wesen des Gelden (1970).

John Maynard Keynes

https://youtu.be/xuNjmVdxAGw

Economista (Cambridge 1883 - Firle, Sussex, 1946). Considerato una delle figure fondamentali della scienza economica, il suo pensiero e le sue opere hanno influenzato l'elaborazione economica, sociologica e politica del Novecento. L'insoddisfazione per l'incapacità delle teorie economiche a dare spiegazioni e indicazioni convincenti di fronte alla disoccupazione di massa, dovuta alla crisi del 1929, portò K. a elaborare la sua rivoluzionaria tesi, esposta nella celebre opera General theory of employment, interest and money (1936; trad. it. 1947 e 1971), in cui negò la validità della teoria secondo la quale l'offerta crea sempre la propria domanda e mise in discussione la naturale tendenza del sistema concorrenziale alla piena occupazione dei fattori produttivi, in cui l'economia classica aveva in complesso creduto. K. dimostrò la possibilità che si determinasse e si mantenesse una posizione di equilibrio, accompagnata da un elevato inutilizzo dei fattori di produzione e soprattutto del fattore lavoro, e sottolineò l'importanza che può avere la domanda effettiva come stimolo alla ripresa dell'attività e all'investimento. Da ciò ricavò la necessità che lo Stato dovesse intervenire con la spesa pubblica, anche affrontando un deficit di bilancio per creare reddito e conseguente domanda di beni, quando la domanda del mercato non fosse sufficiente a occupare tutti i fattori di produzione disponibili. La teoria di K. poggia su tre concetti fondamentali. Il primo è relativo alla funzione del consumo, la cui analisi rivela come la parte del reddito consumata cresca meno che proporzionalmente al crescere del reddito, al contrario di quel che si verifica invece per la parte del reddito risparmiata. Il secondo riguarda la funzione dell'efficienza marginale del capitale, da cui risulta come gli investimenti varino in funzione diretta del saggio di rendimento previsto, più che in funzione inversa del saggio di interesse. Il terzo concetto è quello della funzione della preferenza per la liquidità, che analizza i vari motivi influenti sulla percentuale del reddito che resta liquida nelle mani del pubblico e delle banche e mette in luce come il saggio dell'interesse, oltre che dall'offerta e dalla domanda di risparmio, sia determinato anche dall'offerta e dalla domanda di moneta. Le idee keynesiane sulla grande crisi iniziata nel 1929, e su quello che si sarebbe dovuto fare per superare la depressione, trovarono numerosi seguaci e furono adottate da diversi governi, ma suscitarono anche critiche e vivaci discussioni..Si laureò nel 1905 al King's College di Cambridge, dedicandosi dapprima agli studî matematici e soltanto in un secondo momento, sotto l'influenza di A. Marshall, agli studî economici. Dal 1906 al 1908 lavorò nell'amministrazione civile al ministero per l'India. Divenne lettore di economia nel 1908 ma continuò ad avere anche incarichi professionali di altro genere, fra i quali quello di investitore finanziario e, dal 1912, quello di direttore dell'Economic Journal, incarico che mantenne fino al 1944. Al 1913 risale la sua prima pubblicazione di rilievo, Indian currency and finance, in cui traspare già la sua acuta critica al sistema del gold standard. Dal 1915 al 1918 fu consulente presso il ministero del Tesoro e ne fu rappresentante ufficiale durante la conferenza di pace con la Germania, tenutasi a Parigi nel 1919 al termine del primo conflitto mondiale. Trovandosi in totale disaccordo con le pesanti riparazioni di guerra imposte ai paesi sconfitti, si dimise dall'incarico, esprimendo clamorosamente il suo dissenso. La sua opposizione alle conclusioni della conferenza trovava spiegazione nell'opera The economic consequences of the peace (1919; trad. it. 1929), in cui K. sottolineava esaurientemente come gli ingenti debiti di guerra non avrebbero potuto favorire la ripresa economica dell'Europa. Nel decennio seguente scrisse una serie di interessanti opere che lo portarono per tappe successive a elaborare lo schema del suo originale apparato teorico, con cui rivoluzionò la dottrina economica corrente. Nel Treatise on probability, del 1921, riprese i suoi interessi matematici, sviluppando alcuni concetti sulla teoria della probabilità. Seguirono le opere A revision of the theory (1922; trad. it. 1922); A tract on monetary reform (1923; trad. it. 1925), in cui approfondì gli aspetti monetarî degli interventi di politica economica; A short view of Russia (1925); il saggio The economic consequences of Winston Churchill (1925), violento attacco contro la decisione di restaurare il gold standard presa appunto dal cancelliere dello Scacchiere W. Churchill. Da quel momento le sue attenzioni si concentrarono sulla crescente disoccupazione che aveva cominciato a colpire in quel periodo la Gran Bretagna. La preoccupazione di K. per questo fenomeno e le sue pessimistiche previsioni in proposito trovarono prima espressione nello scritto The end of the laissez-faire (1926) e nel suo appoggio in qualità di consulente governativo al programma di lavori pubblici avviati dal Liberal party come deterrente alla disoccupazione. La grande depressione, che ebbe culmine nel 1929, diede completamente ragione alla convinzione di K. sull'incapacità del libero mercato di garantire la piena occupazione dei fattori produttivi. Negli anni della crisi portò a termine il suo Treatise on money (2 voll., 1930; trad. it. 1932-34), in cui cominciarono ad affiorare riflessioni più approfondite sul divario fra risparmio e investimenti, inserite però in schemi teorici ancora inadeguati all'interpretazione dei fenomeni economici contemporanei, come sottolineò successivamente lo stesso Keynes. Dopo aver pubblicato Essay in persuasion (1931; trad. it. 1968) e Essay and sketches in biography (1933; trad. it. 1951), la riflessione sugli anni della crisi e il dibattito suscitato dalle sue idee trovarono compimento nella sua opera fondamentale, la già citata General theory of employment, interest and money che, grazie ai suoi nuovi contributi concettuali, gettò le basi dell'analisi macroeconomica successiva. Nel 1940 K. fu nominato consulente finanziario del cancelliere dello Scacchiere e membro del Consiglio di direzione della Banca di Inghilterra; poté così mettere la sua esperienza al servizio del paese e influire sulla politica di finanziamento del secondo conflitto mondiale. È dello stesso anno, infatti, il saggio How to pay for the war (1940; trad. it. 1971). Nel 1942 fu nominato primo barone di Tilton e nel 1944 ottenne l'alta carica di lord High Stewart of England. Fu a capo della delegazione britannica alla conferenza di Bretton Woods, dove sostenne un suo progetto di riforma monetaria postbellica, l'International clearing union, pubblicato sotto la sua guida nel 1943 (trad. it. 1971), che però non riuscì a prevalere. Nel 1945 negoziò, con lord Halifax e R. H. Brandt, un nuovo accordo finanziario con gli S. U. A. per fronteggiare le ripercussioni sulla Gran Bretagna causate dall'improvvisa cessazione dell'assistenza statunitense basata sulla legge affitti e prestiti.

Friedrich Hayek

Friedrich Hayek (1899-1992) è stato un influente economista e filosofo di origine austriaca, noto per le sue idee in campo economico e politico. È uno dei principali esponenti della Scuola Austriaca di Economia e un sostenitore del liberalismo classico. Ecco alcune delle sue principali idee e contribuzioni:

Economia Austriaca: Hayek è stato un membro prominente della Scuola Austriaca di Economia, una tradizione di pensiero economica che includeva anche economisti come Ludwig von Mises e Carl Menger. Gli economisti austriaci hanno sviluppato teorie basate sull'individuo, sottolineando l'importanza dell'azione umana, della conoscenza decentralizzata e della concorrenza come motori dell'efficienza economica.

Calcolo economico nel socialismo: Hayek è noto per il suo articolo del 1935 intitolato "Il calcolo economico nel sistema socialista", in cui ha argomentato che il socialismo, a causa della mancanza di prezzi di mercato basati sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, avrebbe inevitabilmente portato a inefficienze economiche. Ha sostenuto che solo il mercato libero e la proprietà privata consentono il calcolo economico efficiente.

La via della servitù: Nel suo libro più famoso, "La via della servitù" (1944), Hayek ha criticato il piano economico centralizzato e ha sostenuto che il controllo statale dell'economia avrebbe minacciato le libertà individuali e portato a un aumento dell'autoritarismo. Ha enfatizzato l'importanza del libero mercato come mezzo per preservare le libertà civili.

Teoria degli ordini spontanei: Hayek ha sviluppato la teoria degli "ordini spontanei", che suggerisce che molte istituzioni sociali ed economiche emergono spontaneamente e non sono il risultato di una pianificazione centralizzata. Questo concetto ha applicazioni nell'economia, nella politica e nella cultura.

Ciclo economico: Hayek ha anche contribuito alla teoria dei cicli economici. Ha sostenuto che gli aumenti artificiosi della massa monetaria, spesso causati dalle politiche monetarie dei governi, possono portare a cicli economici di boom e recessione. Questa teoria è stata successivamente integrata nelle teorie monetarie moderne.

Federalismo e decentralizzazione: Hayek ha sostenuto l'importanza del federalismo e della decentralizzazione del potere politico ed economico. Credeva che la devoluzione del potere alle comunità locali consentisse una maggiore adattabilità e rispondenza alle esigenze individuali.

Premio Nobel per l'economia: Nel 1974, Friedrich Hayek è stato premiato con il Premio Nobel per l'Economia per il suo lavoro pionieristico nell'analisi dei processi di mercato e per la sua comprensione del ruolo delle istituzioni nella società.

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